domenica 26 agosto 2012
sabato 18 agosto 2012
ALDO ROSSI TEATRI
al Magazzino del Sale, Venezia
mostra curata da Germano Celant
architettura dell’allestimento ideata da Gae Aulenti
Teatro del Mondo a Venezia, 1979.
Foto
Francesco Dal Co
|
L’allestimento – arricchito dei materiali informativi e descrittivi della ricerca – è curato da Gae Aulenti e le opere provengono da collezioni pubbliche e istituzionali e da musei e archivi aziendali tra cui la Fondazione Aldo Rossi (Milano), la Fondazione Teatro Comunale di Bologna, la Fondazione Teatro La Fenice, il MAXXI – Architettura (Roma), il Museo Alessi (Suna di Verbania) e gli archivi di Molteni & C. (Giussano), e Bruno Longoni Atelier d’Arredamento (Cantù). Inoltre, importanti nuclei collezionistici privati hanno generosamente messo a disposizione materiali unici e talora inediti. La mostra è accompagnata da un volume pubblicato da Skira che presenta, attraverso circa 300 immagini, l’interezza dei progetti di Rossi legati al teatro, introdotti dai suoi scritti.
Fonte: STUDIO SYSTEMA
San Polo 2025 - 30125 Venezia
Tel. +39 041 5201959
Fax +39 041 5201960
e-mail: systema@studiosystema.it
ALDO ROSSI TEATRI. Parte prima
"Costruire il teatro; gli esempi storici li incontravo tutti nella terra padana e si confondono e si sovrappongono come la musica dell’opera lirica nelle feste di paese: Parma, Padova, Pavia, Piacenza, Reggio e ancora Venezia, Milano e tutte le capitali padane dove il teatro accende le sue luci nella nebbia persistente. La stessa nebbia che penetra, come l’effetto di una macchina teatrale, nella galleria milanese".
Aldo Rossi
L’esposizione riunisce per la prima volta sedici progetti dell’architetto-designer milanese dai primi anni sessanta al 1997, attraverso quasi 120 tra studi e schizzi architettonici,
modelli di studio e di concorso, disegni, oggetti di scena o riguardanti il tema teatrale e le sue diverse articolazioni, sia in architettura sia nel design: dalle architetture progettate e costruite, alle scenografie per opera e balletto, fino agli allestimenti d’impatto spettacolare. La mostra è a cura di Germano Celant, mentre
l’architettura dell'allestimento è affidata allo studio Gae Aulenti
Architetti Associati.
l’architettura dell'allestimento è affidata allo studio Gae Aulenti
Architetti Associati.
martedì 14 agosto 2012
FERRAGOSTO NEI MUSEI
Apertura straordinaria a Ferragosto per la Galleria degli Uffizi dalle 8,15 alle 18.50 e per la Galleria dell'Accademia dalle 8.15 alle 13.50.
Alla Galleria
dell’Accademia, fino al 4 novembre, prosegue la mostra “Arte torna arte”,
la mostra curata da Bruno Corà, Franca Falletti e Daria Filardo; da
segnalare che alla Galleria dell’Accademia proseguono fino alla fine di
settembre le aperture serali, dalle 19 alle 22, ogni martedì a pagamento
(con visite guidate gratuite alle 19 e alle 20.30) e ogni giovedì con ingresso
gratuito -.
Al Museo
Nazionale del Bargello, fino al 16 settembre, da non perdere la mostra
“Fabulae pictae. Miti e storie nelle maioliche del Rinascimento”, curata da
Marino Marini. Da segnalare che al Bargello, ogni martedì sera dalle 19 alle
22.30 fino al 9 ottobre, appuntamento con “Aperitivo ad arte”, secondo la
formula (sperimentata già con successo agli Uffizi) della visita serale ad
alcuni ambienti museali (la mostra “Fabulae pictae” e la Sala di Michelangelo e
del Rinascimento) unitamente all’aperitivo; l’ingresso costa 12 euro e la
prenotazione è più che consigliata al numero di Firenze Musei, 055-294883.
Alla
Galleria
degli Uffizi, fino al 4 novembre, prosegue la
mostra “Bagliori dorati. Il gotico internazionale a Firenze: 1375-1440”, curata
da Antonio Natali, Enrica Neri Lusanna e Angelo Tartuferi, che ricostruisce uno
dei periodi artistici di maggior fascino della città. Da segnalare che anche
agli Uffizi, fino al 25 settembre, è prevista l’apertura serale straordinaria,
dalle 19 alle 22.
Sempre
agli Uffizi, ma al Gabinetto Disegni e Stampe, fino al 23 settembre prosegue la mostra “Il Dolce Potere
delle Corde. Orfeo, Apollo, Arione e Davide nella grafica tra Quattro e
Cinquecento”, curata da Susanne Pollack,
esposizione di disegni e stampe, principalmente quattro e cinquecenteschi, da
cui proviene anche la preziosa statuetta orfica di Bertoldo di Giovanni,
dedicata alle immagini di un oggetto: lo strumento a corda.
Fino al 9 dicembre a Palazzo Pitti (Andito degli Angiolini e Galleria del Costume)
prosegue la mostra “La nuova frontiera. Storia e cultura dei nativi d’America
dalle collezioni del Gilcrease Musei”, durata da Herman J. Viola e Robert B. Pickering.
Sempre a Palazzo Pitti proseguono altre due
esposizioni di sicuro appeal. Fino al
22 dicembre la Sala delle Nicchie nella Galleria Palatina, è la sede della mostra Il Mito, il
Sacro, il Ritratto, dipinti dai depositi della Galleria Palatina. Si
tratta di una breve antologia per avvicinare il pubblico alla conoscenza di un
patrimonio d’arte inesauribile e sempre sorprendente. Alla Galleria d’Arte moderna, la direttrice Simonella Condemi fino al 28
ottobre cura la mostra “Firenze negli occhi dell’artista. Da Signorini a Rosai”.
L’occasione della mostra è sorta con il ritorno in Galleria, dopo un deposito
di lungo termine presso l’ex-Museo di Firenze com’era, di 16 dipinti che
documentano luoghi di una Firenze scomparsa o fatalmente cambiata ai quali sono
stati affiancati altri 33 opere dedicate alla città mai esposti, selezionate
attingendo dalle collezioni custodite nei depositi del museo.
giovedì 9 agosto 2012
13. Mostra Internazionale di Architettura COMMON GROUND
La 13. Mostra è nata e si è sviluppata secondo le linee di ricerca che la Biennale di Venezia porta avanti nel campo dell’architettura e che l’hanno resa nel corso degli anni un appuntamento immancabile. Ne è riprova il nuovo numero record di oltre 178.000 visitatori per questa edizione.
Concepita dall'architetto inglese David Chipperfield, la mostra si è distribuita su 10mila metri quadri in un unico percorso espositivo dal Padiglione Centrale dei Giardini all’Arsenale, comprendendo 69 progetti realizzati da architetti, fotografi, artisti, critici e studiosi. Molti di loro hanno risposto all’invito del curatore presentando proposte originali e installazioni create espressamente per questa Biennale, coinvolgendo nel proprio progetto altri colleghi con i quali condividono un Common Ground. I nominativi presenti sono stati in totale 119.
David Chipperfield ha chiarito di aver scelto il tema Common Ground per “stimolare i colleghi a reagire alle prevalenti tendenze professionali e culturali del nostro tempo che tanto risalto danno alle azioni individuali e isolate. Ho voluto incoraggiarli a dimostrare, invece, l’importanza dell’influenza e della continuità dell’impegno culturale, a illustrare idee comuni e condivise le quali costituiscono la base di una cultura architettonica.”
Leone d’Oro per la migliore Partecipazione nazionale: Giappone
Leone d’Oro per il miglior progetto della Mostra Common Ground: Urban-Think Tank (Alfredo Brillembourg, Hubert Klumpner), Justin McGuirk e Iwan Baan
Leone d’Argento per un promettente studio di architettura della Mostra Internazionale Common Ground: Grafton Architects (Yvonne Farrell e Shelley McNamara)
Menzioni speciali: Polonia, Stati Uniti d'America, Russia, Cino Zucchi
Leone d'oro alla carriera: Álvaro Siza Vieira
Info
Common Ground
David CHIPPERFIELD
13. Mostra Internazionale di Architettura
Common Ground
29 agosto – 25 novembre 2012
Sedi: Arsenale e Giardini
Direttore indicato dal Presidente Paolo Baratta
Fonte: Ufficio stampa 13. Mostra Internazionale di Architettura - Venezia
BIENNALE DI VENEZIA. Benvenuti in Italia: qui è un gran bazar!
L'Italia
è un guazzabuglio di creatività? Al grido di L'Arte non è Cosa
Nostra, duecento esponenti del mondo della cultura (invece che i
soliti noti appartenenti al mondo del sistema dell'arte
contemporanea) hanno scelto le opere da esporre nel Padiglione Italia
alla 54° Biennale “perché – dice Sgarbi - se è vero che l'arte
è “linguaggio e pensiero” - proprio loro dovrebbero “essere in
grado di comunicare almeno con l'ambito in cui [l'arte] pretenderebbe
di essere collocata”.
Una
sorta di democratizzazione dell'arte, sicuramente un modo per fare e
comunicare altro, indubbiamente una novità scomoda.
Che
la creatività e la capacità degli italiani siano invidiate in tutto
il mondo, come del resto altre cose (le bellezze artistiche, frutto
delle qualità predette, e quelle paesaggistiche, frutto del buon
Dio) è ormai un 'topos' e non solo letterario, ma che queste spesso
siano accompagnate da caos e da improvvisazione lo è, forse, ancora
di più.
Quali
polemiche allora sul Padiglione Italia se questo, per la prima volta
nella storia della Biennale, rispecchia qualità e limiti della
nostra Bella Italia?
Finalmente
un curatore che 'non cura' ma che mostra le cose come stanno. Ci
voleva Sgarbi, insomma?
Il
Padiglione Italia fa l'effetto di un bazar e come in tutti i bazar
che si rispettino, all'inizio si fa un po' fatica nella scelta. Sono
entrata nella bottega di un noto artigiano, sostenitore che un quadro
bello senza una bella cornice è senz'altro meno bello - come una
bella donna a cui manchi un bel vestito! - oppure in una stanza
privata dove un folle collezionista ha messo alla rinfusa dipinti,
foto, cornici (appunto), e quant'altro scelti in un momento di pura
follia?
In
un momento (questo) dove chi ha rifiutato di partecipare al
Padiglione Italia si sente “in” e chi c'è si sente “out”, do
il mio contributo per non sprecare le nostre italiche risorse e le
nostre italiche bellezze andando a vedere solamente i padiglioni
'stranieri' – in Italia è duro a morire il detto: l'erba del
vicino è sempre più verde – trovandoli più belli del nostro.
E
se proprio vogliamo cercare un antecedente storico, pensiamo a Sgarbi
come a Napoleone III quando, nel 1863, organizzò il Salon
des Refusés in
cui furono esposte le opere di quegli artisti (tra essi vi erano
Manet, Monet, Pissarro) rifiutate – ed erano oltre 3000 - dal Salon
“ufficiale” ovvero
quello dell'
Académie des beaux-arts
di Parigi.
Giovanna M. Carli
Immagini di Claudio Tàfani
Ne
è vietata la riproduzione totale o parziale senza autorizzazione.
Le ILLUMINazioni passate di Bice Curiger. TINTORETTO SUPERSTAR
La
Biennale guarda indietro ai grandi del passato. In un momento di
incertezza planetaria è come se l'arte e la creatività si
agganciassero a ciò che di certo c'è. Innovazioni e premonizioni,
come da sempre, ma con uno sguardo più attento alla storia
dell'arte.
Bice
Curiger,
curatrice di questa 54ma Esposizione Internazionale d’Arte della
Biennale di Venezia; storica dell’arte e critica, cofondatrice
della rivista «Parkett», la terza donna a ricoprire quel ruolo dopo
il duo María de Corral-Rosa Martínez nel 2005, insieme col
presidente della Biennale, Paolo Baratta, ha fortemente voluto la
presenza di tre grandi
tele di Jacopo
Robusti (detto il Tintoretto),
veneziano che più veneziano non si può.
Nacque
e morì nella città lagunare rispettivamente nel 1518 e nel 1594,
recando memoria di un passaggio epocale. Aveva solo nove anni quando
i Lanzichenecchi compirono il sacco di Roma (1527), una tragedia
appunto epocale, così come lo è stata quella dell'11 settembre per
noi. Sono gli eventi dopo i quali niente è più come prima, quegli
eventi, insomma, che lasciano dentro di te un senso di insicurezza
permanente, difficile da togliere.
L'inaspettato,
la brutalità, i luoghi simbolo deturpati, la ferinità che sopraffà
la bellezza, tanto sangue, detriti e macerie. Rovine.
Ecco
che poi l'uomo reagisce e l'arte registra e prima ancora che qualcosa
accada, anticipa. Si sperimenta. Curiger è una storica dell'arte e
ben ha fatto, a mio parere, a cercare un dialogo tra arte
contemporanea (ma cosa vuol dire? È
forse la grande domanda a cui cerca, da sempre, di rispondere la
Biennale. Oggi più di ieri) e storia dell'arte.
La
Soprintendenza per il Polo Museale Veneziano ha capito l'intento e ha
concesso in prestito alla Biennale le tre opere ora esposte nel
Padiglione Centrale ai Giardini.
Si tratta di: L’Ultima Cena (proveniente dalla Basilica di San Giorgio Maggiore); il Trafugamento del corpo di San Marco e la Creazione degli Animali (entrambe conservate presso le Gallerie dell’Accademia).
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Padiglione
Centrale Giardini
della Biennale 2010 Photo:
Giulio Squillacciotti Courtesy:
la Biennale di Venezia
|
Si tratta di: L’Ultima Cena (proveniente dalla Basilica di San Giorgio Maggiore); il Trafugamento del corpo di San Marco e la Creazione degli Animali (entrambe conservate presso le Gallerie dell’Accademia).
Tintoretto
ha dipinto il Trafugamento
del corpo di San Marco
per la Sala Capitolare della Scuola Grande di San Marco tra il 1562 e
il 1566.
La
Creazione
degli animali
è stata realizzata tra il 1551 e il 1552 per l’Albergo della
Scuola della Trinità come parte di un ciclo ispirato alle storie
della Genesi. Infine, la grande tela raffigurante l’Ultima
Cena
è stata dipinta per la Basilica di San Giorgio Maggiore, ed è una
delle sue ultime e più significative opere, dipinta quando aveva
settantatré anni, due anni prima di morire.
Una
sorta di 'summa' luminescente, con tocchi rapidi e serrati, per una
narrazione 'sui generis', di sicuro impatto innovativo.
“Questi
dipinti di Tintoretto - ha
dichiarato Bice Curiger
- uno degli artisti più sperimentali nella storia dell’arte
italiana, esercitano un fascino particolare per la loro luce
estatica, quasi febbrile, e per il loro approccio temerario alla
composizione che capovolge l’ordine classico e definito del
Rinascimento...”. “Quel Tintoretto all’ingresso della Mostra –
le
fa eco Paolo Baratta, Presidente della Biennale
- è una presenza tutt’altro che ovvia...un monito agli artisti
viventi a non indulgere nelle convenzioni!”. Si tratta, infatti, di
un tema molto caro a Tintoretto se è vero come è vero che in vita
elaborò e rielaborò numerose volte l'Ultima
Cena
di cui quella in mostra è l'ultima versione, vero riepilogo di
bravura e di trasgressione da parte dell'autore, ormai esperto sia
del linguaggio iconografico sia della tecnica tanto da poter
trasgredire e l'uno e l'altra. L'iconografia
è quella controriformata con note popolari in aggiunta: il gatto che
ruba il cibo da un cesto (in primo piano) e la fantesca che dà
l'avvio col suo braccio sinistro a una
serie di nature morte,
quasi prove di bravura del Tintoretto, ma anche utili a ricostruire
il senso del miracolo che avviene nel quotidiano, sulla terra,
durante una cena. La tecnica esperita del pittore fa sì che la scena
prenda
luce esclusivamente dalla lanterna
collocata sulla sinistra (guardando il dipinto) e dall'aureola quasi
fluorescente del Cristo. Colpi di luce come colpi di accesa passione
e un trasalimento coglie gli astanti. Il
tavolo è la vera novità della composizione
perché collocato così in diagonale è capace di dilatare lo spazio
e creare un effetto di richiamo sullo spettatore.
Per
gli artisti dell'arte d'oggi un invito a trasgredire nella regola e a
non perdere di vista la luce, vero miracolo dell'arte stessa.
L'immagine di Giovanna Maria Carli è stata scattata da Claudio Tàfani
Per le altre immagini: COURTESY LA BIENNALE DI
VENEZIA
Ne è vietata la riproduzione totale o parziale senza autorizzazione.
IL FURTO DI FISCHER. LIKE A CANDLE
Sono
all'Arsenale.
Una porta aperta e molta gente. È
il luogo dove espone Urs Fischer.
Un Ratto
delle Sabine
di Giambologna
'like a candle'.
ph. by Giodì, all rights reserved |
Quasi un souvenir da accendere nelle notti d'estate in qualche party
a bordo piscina, se non fosse per quella figura maschile, a grandezza
naturale, a cui fiammeggia l'intelletto come ai tempi
dell'Enciclopédie.
La sua sedia da ufficio che arde all'apice dello schienale...stranezze dell'arte d'oggi, dagli effetti sorprendenti. E il pubblico gradisce questo estatico tormento, trittico tra arte antica, uomo moderno diviso tra la contemplazione del sublime (il bello che si consuma o che è consumato) e l'alienazione del quotidiano ufficio/pensiero.
La sua sedia da ufficio che arde all'apice dello schienale...stranezze dell'arte d'oggi, dagli effetti sorprendenti. E il pubblico gradisce questo estatico tormento, trittico tra arte antica, uomo moderno diviso tra la contemplazione del sublime (il bello che si consuma o che è consumato) e l'alienazione del quotidiano ufficio/pensiero.
ph. by Giodì, all rights reserved |
Si
arde e ci si illumina a questa Biennale dal sapore antico.
Avevo
già avuto modo di apprezzare la potenza evocativa di Urs vedendo dal
vero l'installazione potente, evocativa, ancestrale: una
casetta di Hänsel e Gretel che
invece di essere fatta di dolci è fatta di solo pane, anzi di una
varietà cospicua di pane, simbolo di vita, che diventa tetto
(abitazione) e che si disgrega a seconda di un movimento, di
un'intemperie, del tempo.
Le
opere di Fischer come gigantesche nature morte di oggi, potenti,
evocative, ancestrali.
Autore: Giovanna M. Carli
Autore: Giovanna M. Carli
Photo
by Giodì, Giovanni Tancredi e Tafi
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LA BALENA SPIAGGIATA. Uno starnuto ci libererà
Uno
degli incontri più strani che si possano fare passeggiando per
l'Arsenale in direzione Padiglione Italia, spingendosi in fondo dove
ci sono i cantieri aperti sul canale, è questa balena spiaggiata
che, grazie
a un semplice starnuto, ha reso libero Geppetto, il prototipo del
buon padre di tutti i tempi,
anzi dei nostri tempi italo-europei.
Un
padre accondiscendente, che vizia e che rende consapevoli della
colpa, da espiare, da parte del figlio, con un 'bon geste' finale. E
la colpa del padre è di aver dato tutto, forse troppo, al figlio
ingrato ma anche e soprattutto, avere
fatto di un tronco di legno, poi burattino animato, il proprio
figlio. Il padre che pecca di
hýbris:
il peccato d'orgoglio che l'uomo compie sfidando gli dei, quasi a
volersene sostituire.
L'autore,
Loris Gréaud, giovane artista francese di talento, poliedrico è
l'esatto opposto dell'artista solitario e saturnino.
Ama, infatti, lavorare in team, circondandosi di esperti.
Per
questa sua creazione che invita a meditare entrando (espiando?) nel
ventre del cetaceo, non a caso intitolato 'The Geppetto Pavillon', si
è avvalso infatti di scienziati, esperti di edilizia, oceanografi e
storici partendo
dall'archetipo biblico di Giona che trascorre tre giorni nel ventre
della balena per uscirne rinnovato spiritualmente.
Iniziazione spiriturale che può compiere anche il visitatore
entrando nel ventre dell'animale attraverso una botola per sostare
quanto basta per una seconda rinascita.
La
scultura gigantesca è realizzata in resina, berglass, metallo, neon,
legno ed è dotata di un sistema elettrico che ne illumina l'interno.
Progettata
dall'artista e il suo team, selezionato per l'occasione, per ospitare
di notte i visitatori, vero rito di iniziazione, ricorda che ogni
anno circa 200 mammiferi si arenano. Molti sono i dipinti antichi
che
descrivono questo evento capace di sorprendere, di affascinare, di
sedurre e di far riflettere.
Ieri
soprattutto meraviglia, oggi dolore e sconcerto per un mondo sempre
più sfruttato economicamente a discapito dell'etica umana, animale.
Anche
di questo parla la Biennale: di luce, di ombre, di spiritualità.
Non
ci resta che aspettare lo starnuto per liberarci da ciò che ci tiene
'costretti', rispettando più noi stessi, e con noi ciò che ci
circonda.
Giovanna M. Carli
Photo
by Claudio Tàfani
Ne
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