sabato 18 agosto 2012

ALDO ROSSI TEATRI






al Magazzino del Sale, Venezia

mostra curata da Germano Celant 

architettura dell’allestimento ideata da Gae Aulenti





Teatro del Mondo a Venezia, 1979.
Foto Francesco Dal Co
Per quest’occasione è stato ricostruito in grande scala il modello del Teatro del Mondo, per riportarlo idealmente nella porzione di laguna dove era approdato per la prima volta, durante la Biennale Teatro del 1979-1980 quando, caricato su una chiatta trainata da un rimorchiatore, aveva dapprima raggiunto Punta della Dogana e poi piazza San Marco, per ripartire infine, sempre via mare, alla volta di Dubrovnik in Croazia. Il grande modello di 5 metri di altezza circa accoglie i visitatori nell’area dedicata a quel piccolo e famosissimo teatro a pianta centrale, che senza dubbio è una delle architetture più note  di Rossi e che ancora è vivo nella memoria di coloro che hanno avuto la fortuna di vederlo  muoversi sull’acqua, colpito dal riverbero della luce dell’alba e del tramonto, o di assistere a uno spettacolo o a un concerto, affacciati dalle balconate costruite con legno e tubi Innocenti, prima che venisse smontato e andasse poi distrutto.



Concorso per il Palazzo del Cinema, Lido di Venezia, 1990
Senza titolo (pianta, assonometria), 15 giugno 1990.
matita e pastelli su carta, cm 79 x 85 Vecchia segnatura: "64". - Timbro di Aldo Rossi. - Schizzi di pianta e prospetto. Lacerazioni lungo il
margine superiore e lacuna a destra. Numero progressivo: 000340
Collezione MAXXI, Roma

L’allestimento – arricchito dei materiali informativi e descrittivi della ricerca – è curato da Gae Aulenti e le opere provengono da collezioni pubbliche e istituzionali e da musei e archivi aziendali tra cui la Fondazione Aldo Rossi (Milano), la Fondazione Teatro Comunale di Bologna, la Fondazione Teatro La Fenice, il MAXXI – Architettura (Roma), il Museo Alessi (Suna di Verbania) e gli archivi di Molteni & C. (Giussano), e Bruno Longoni Atelier d’Arredamento (Cantù). Inoltre, importanti nuclei collezionistici privati hanno generosamente messo a disposizione materiali unici e talora inediti. La mostra è accompagnata da un volume pubblicato da Skira che presenta, attraverso circa 300 immagini, l’interezza dei progetti di Rossi legati al teatro, introdotti dai suoi scritti.



Fonte: STUDIO SYSTEMA
San Polo 2025 - 30125 Venezia



ALDO ROSSI TEATRI. Parte prima




"Costruire il teatro; gli esempi storici li incontravo tutti nella terra padana e si confondono e si sovrappongono come la musica dell’opera lirica nelle feste di paese: Parma, Padova, Pavia, Piacenza, Reggio e ancora Venezia, Milano e tutte le capitali padane dove il teatro accende le sue luci nella nebbia persistente. La stessa nebbia che penetra, come l’effetto di una macchina teatrale, nella galleria milanese".
Aldo Rossi



L’esposizione riunisce per la prima volta sedici progetti dell’architetto-designer milanese dai primi anni sessanta al 1997, attraverso quasi 120 tra studi e schizzi architettonici, 
modelli di studio e di concorso, disegni, oggetti di scena o riguardanti il tema teatrale e le sue diverse articolazioni, sia in architettura sia nel design: dalle architetture progettate e costruite, alle scenografie per opera e balletto, fino agli allestimenti d’impatto spettacolare. La mostra è a cura di Germano Celant, mentre 
l’architettura dell'allestimento è affidata allo studio Gae Aulenti
Architetti Associati.    
                                                         



   Teatro e sistemazione della Pilotta, Parma, 1964-1985 
penna, pastello e matite colorate su  carta, cm 96,5 x 132
Collezione privata, courtesy Fondazione Aldo Rossi, Milano



Il teatro, come edificio e come concezione dello spazio, ha un significato del tutto particolare nel lavoro e nella vita di Aldo Rossi. Dal Teatro Paganini a Parma (1964), al Teatro Carlo Felice di Genova (1989), passando per il Teatro del Mondo Venezia (1979) e per il Teatro di Francoforte sull’Oder (1994), arrivando fino al progetto di ricostruzione del Gran Teatro la Fenice per la città lagunare, l’interesse che Rossi ha dedicato al soggetto si è soffermato anche sulla creazione di oggetti d’affezione, quale il Teatrino scientifico (1978), e si è intrecciato con la produzione di oggetti di design, come il servizio da tè e caffè Tea and Coffee Piazza per Alessi (1982), senza dimenticare le scene realizzate per opere quali Madama Butterfly (1986) o tragedie come Elettra (1993), dove la sua esperienza progettuale si è legata al momento più concreto della rappresentazione. 


martedì 14 agosto 2012

FERRAGOSTO NEI MUSEI


Apertura straordinaria a Ferragosto per la Galleria degli Uffizi dalle 8,15 alle 18.50  e per la Galleria dell'Accademia dalle 8.15 alle 13.50.
Alla Galleria dell’Accademia, fino al 4 novembre, prosegue la mostra “Arte torna arte”, la mostra curata da Bruno Corà, Franca Falletti e Daria Filardo; da segnalare che alla Galleria dell’Accademia proseguono fino alla fine di settembre le aperture serali, dalle 19 alle 22, ogni martedì a pagamento (con visite guidate gratuite alle 19 e alle 20.30) e ogni giovedì con ingresso gratuito -.





Al Museo Nazionale del Bargello, fino al 16 settembre, da non perdere la mostra “Fabulae pictae. Miti e storie nelle maioliche del Rinascimento”, curata da Marino Marini. Da segnalare che al Bargello, ogni martedì sera dalle 19 alle 22.30 fino al 9 ottobre, appuntamento con “Aperitivo ad arte”, secondo la formula (sperimentata già con successo agli Uffizi) della visita serale ad alcuni ambienti museali (la mostra “Fabulae pictae” e la Sala di Michelangelo e del Rinascimento) unitamente all’aperitivo; l’ingresso costa 12 euro e la prenotazione è più che consigliata al numero di Firenze Musei, 055-294883.

Alla Galleria degli Uffizi, fino al 4 novembre, prosegue la mostra “Bagliori dorati. Il gotico internazionale a Firenze: 1375-1440”, curata da Antonio Natali, Enrica Neri Lusanna e Angelo Tartuferi, che ricostruisce uno dei periodi artistici di maggior fascino della città. Da segnalare che anche agli Uffizi, fino al 25 settembre, è prevista l’apertura serale straordinaria, dalle 19 alle 22.





Sempre agli Uffizi, ma al Gabinetto Disegni e Stampe, fino al 23 settembre prosegue la mostra “Il Dolce Potere delle Corde. Orfeo, Apollo, Arione e Davide nella grafica tra Quattro e Cinquecento”, curata da Susanne  Pollack, esposizione di disegni e stampe, principalmente quattro e cinquecenteschi, da cui proviene anche la preziosa statuetta orfica di Bertoldo di Giovanni, dedicata alle immagini di un oggetto: lo strumento a corda.

Fino al 9 dicembre a Palazzo Pitti (Andito degli Angiolini e Galleria del Costume) prosegue la mostra “La nuova frontiera. Storia e cultura dei nativi d’America dalle collezioni del Gilcrease Musei”, durata da  Herman J. Viola e Robert B. Pickering.
Sempre a Palazzo Pitti proseguono altre due esposizioni di sicuro appeal. Fino al 22 dicembre la Sala delle Nicchie nella Galleria Palatina, è la sede della mostra Il Mito, il Sacro, il Ritratto, dipinti dai depositi della Galleria Palatina. Si tratta di una breve antologia per avvicinare il pubblico alla conoscenza di un patrimonio d’arte inesauribile e sempre sorprendente. Alla Galleria d’Arte moderna, la direttrice Simonella Condemi fino al 28 ottobre cura la mostra “Firenze negli occhi dell’artista. Da Signorini a Rosai”. L’occasione della mostra è sorta con il ritorno in Galleria, dopo un deposito di lungo termine presso l’ex-Museo di Firenze com’era, di 16 dipinti che documentano luoghi di una Firenze scomparsa o fatalmente cambiata ai quali sono stati affiancati altri 33 opere dedicate alla città mai esposti, selezionate attingendo dalle collezioni custodite nei depositi del museo.


giovedì 9 agosto 2012

13. Mostra Internazionale di Architettura COMMON GROUND



La 13. Mostra è nata e si è sviluppata secondo le linee di ricerca che la Biennale di Venezia porta avanti nel campo dell’architettura e che l’hanno resa nel corso degli anni un appuntamento immancabile. Ne è riprova il nuovo numero record di oltre 178.000 visitatori per questa edizione.

Concepita dall'architetto inglese David Chipperfield, la mostra si è distribuita su 10mila metri quadri in un unico percorso espositivo dal Padiglione Centrale dei Giardini all’Arsenale, comprendendo 69 progetti realizzati da architetti, fotografi, artisti, critici e studiosi. Molti di loro hanno risposto all’invito del curatore presentando proposte originali e installazioni create espressamente per questa Biennale, coinvolgendo nel proprio progetto altri colleghi con i quali condividono un Common Ground. I nominativi presenti sono stati in totale 119.



David Chipperfield ha chiarito di aver scelto il tema Common Ground per “stimolare i colleghi a reagire alle prevalenti tendenze professionali e culturali del nostro tempo che tanto risalto danno alle azioni individuali e isolate. Ho voluto incoraggiarli a dimostrare, invece, l’importanza dell’influenza e della continuità dell’impegno culturale, a illustrare idee comuni e condivise le quali costituiscono la base di una cultura architettonica.”

Leone d’Oro per la migliore Partecipazione nazionale: Giappone
Leone d’Oro per il miglior progetto della Mostra Common Ground: Urban-Think Tank (Alfredo Brillembourg, Hubert Klumpner), Justin McGuirk e Iwan Baan
Leone d’Argento per un promettente studio di architettura della Mostra Internazionale Common Ground: Grafton Architects (Yvonne Farrell e Shelley McNamara)
Menzioni speciali: Polonia, Stati Uniti d'America, Russia, Cino Zucchi
Leone d'oro alla carriera: Álvaro Siza Vieira

Info
Common Ground
David CHIPPERFIELD
13. Mostra Internazionale di Architettura
Common Ground
29 agosto – 25 novembre 2012
Sedi: Arsenale e Giardini
Direttore indicato dal Presidente Paolo Baratta

Fonte: Ufficio stampa 13. Mostra Internazionale di Architettura - Venezia

BIENNALE DI VENEZIA. Benvenuti in Italia: qui è un gran bazar!




L'Italia è un guazzabuglio di creatività? Al grido di L'Arte non è Cosa Nostra, duecento esponenti del mondo della cultura (invece che i soliti noti appartenenti al mondo del sistema dell'arte contemporanea) hanno scelto le opere da esporre nel Padiglione Italia alla 54° Biennale “perché – dice Sgarbi - se è vero che l'arte è “linguaggio e pensiero” - proprio loro dovrebbero “essere in grado di comunicare almeno con l'ambito in cui [l'arte] pretenderebbe di essere collocata”.
Una sorta di democratizzazione dell'arte, sicuramente un modo per fare e comunicare altro, indubbiamente una novità scomoda.



Che la creatività e la capacità degli italiani siano invidiate in tutto il mondo, come del resto altre cose (le bellezze artistiche, frutto delle qualità predette, e quelle paesaggistiche, frutto del buon Dio) è ormai un 'topos' e non solo letterario, ma che queste spesso siano accompagnate da caos e da improvvisazione lo è, forse, ancora di più.
Quali polemiche allora sul Padiglione Italia se questo, per la prima volta nella storia della Biennale, rispecchia qualità e limiti della nostra Bella Italia?
Finalmente un curatore che 'non cura' ma che mostra le cose come stanno. Ci voleva Sgarbi, insomma?
Il Padiglione Italia fa l'effetto di un bazar e come in tutti i bazar che si rispettino, all'inizio si fa un po' fatica nella scelta. Sono entrata nella bottega di un noto artigiano, sostenitore che un quadro bello senza una bella cornice è senz'altro meno bello - come una bella donna a cui manchi un bel vestito! - oppure in una stanza privata dove un folle collezionista ha messo alla rinfusa dipinti, foto, cornici (appunto), e quant'altro scelti in un momento di pura follia?



In un momento (questo) dove chi ha rifiutato di partecipare al Padiglione Italia si sente “in” e chi c'è si sente “out”, do il mio contributo per non sprecare le nostre italiche risorse e le nostre italiche bellezze andando a vedere solamente i padiglioni 'stranieri' – in Italia è duro a morire il detto: l'erba del vicino è sempre più verde – trovandoli più belli del nostro.




E se proprio vogliamo cercare un antecedente storico, pensiamo a Sgarbi come a Napoleone III quando, nel 1863, organizzò il Salon des Refusés in cui furono esposte le opere di quegli artisti (tra essi vi erano Manet, Monet, Pissarro) rifiutate – ed erano oltre 3000 - dal Salon “ufficiale” ovvero quello dell' Académie des beaux-arts di Parigi.

Giovanna M. Carli
Immagini di Claudio Tàfani
Ne è vietata la riproduzione totale o parziale senza autorizzazione.

Le ILLUMINazioni passate di Bice Curiger. TINTORETTO SUPERSTAR





La Biennale guarda indietro ai grandi del passato. In un momento di incertezza planetaria è come se l'arte e la creatività si agganciassero a ciò che di certo c'è. Innovazioni e premonizioni, come da sempre, ma con uno sguardo più attento alla storia dell'arte.
Bice Curiger, curatrice di questa 54ma Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia; storica dell’arte e critica, cofondatrice della rivista «Parkett», la terza donna a ricoprire quel ruolo dopo il duo María de Corral-Rosa Martínez nel 2005, insieme col presidente della Biennale, Paolo Baratta, ha fortemente voluto la presenza di tre grandi tele di Jacopo Robusti (detto il Tintoretto), veneziano che più veneziano non si può.





Nacque e morì nella città lagunare rispettivamente nel 1518 e nel 1594, recando memoria di un passaggio epocale. Aveva solo nove anni quando i Lanzichenecchi compirono il sacco di Roma (1527), una tragedia appunto epocale, così come lo è stata quella dell'11 settembre per noi. Sono gli eventi dopo i quali niente è più come prima, quegli eventi, insomma, che lasciano dentro di te un senso di insicurezza permanente, difficile da togliere.
L'inaspettato, la brutalità, i luoghi simbolo deturpati, la ferinità che sopraffà la bellezza, tanto sangue, detriti e macerie. Rovine.
Ecco che poi l'uomo reagisce e l'arte registra e prima ancora che qualcosa accada, anticipa. Si sperimenta. Curiger è una storica dell'arte e ben ha fatto, a mio parere, a cercare un dialogo tra arte contemporanea (ma cosa vuol dire? È forse la grande domanda a cui cerca, da sempre, di rispondere la Biennale. Oggi più di ieri) e storia dell'arte.
La Soprintendenza per il Polo Museale Veneziano ha capito l'intento e ha concesso in prestito alla Biennale le tre opere ora esposte nel Padiglione Centrale ai Giardini.


Padiglione Centrale Giardini della Biennale 2010 Photo: Giulio Squillacciotti Courtesy: la Biennale di Venezia 





Si tratta di: L’Ultima Cena (proveniente dalla Basilica di San Giorgio Maggiore); il Trafugamento del corpo di San Marco e la Creazione degli Animali (entrambe conservate presso le Gallerie dell’Accademia).
Tintoretto ha dipinto il Trafugamento del corpo di San Marco per la Sala Capitolare della Scuola Grande di San Marco tra il 1562 e il 1566.
La Creazione degli animali è stata realizzata tra il 1551 e il 1552 per l’Albergo della Scuola della Trinità come parte di un ciclo ispirato alle storie della Genesi. Infine, la grande tela raffigurante l’Ultima Cena è stata dipinta per la Basilica di San Giorgio Maggiore, ed è una delle sue ultime e più significative opere, dipinta quando aveva settantatré anni, due anni prima di morire.
Una sorta di 'summa' luminescente, con tocchi rapidi e serrati, per una narrazione 'sui generis', di sicuro impatto innovativo.



Paolo Baratta, Presidente della Biennale di Venezia, President of la Biennale di Venezia Bice Curiger, Direttore della 54. Esposizione Internazionale d’Arte – la Biennale di Venezia; Director of 54th International Art Exhibition – la Biennale di Venezia; Photo: Giorgio Zucchiatti; Courtesy of la Biennale di Venezia

“Questi dipinti di Tintoretto - ha dichiarato Bice Curiger - uno degli artisti più sperimentali nella storia dell’arte italiana, esercitano un fascino particolare per la loro luce estatica, quasi febbrile, e per il loro approccio temerario alla composizione che capovolge l’ordine classico e definito del Rinascimento...”. “Quel Tintoretto all’ingresso della Mostra – le fa eco Paolo Baratta, Presidente della Biennale - è una presenza tutt’altro che ovvia...un monito agli artisti viventi a non indulgere nelle convenzioni!”. Si tratta, infatti, di un tema molto caro a Tintoretto se è vero come è vero che in vita elaborò e rielaborò numerose volte l'Ultima Cena di cui quella in mostra è l'ultima versione, vero riepilogo di bravura e di trasgressione da parte dell'autore, ormai esperto sia del linguaggio iconografico sia della tecnica tanto da poter trasgredire e l'uno e l'altra. L'iconografia è quella controriformata con note popolari in aggiunta: il gatto che ruba il cibo da un cesto (in primo piano) e la fantesca che dà l'avvio col suo braccio sinistro a una serie di nature morte, quasi prove di bravura del Tintoretto, ma anche utili a ricostruire il senso del miracolo che avviene nel quotidiano, sulla terra, durante una cena. La tecnica esperita del pittore fa sì che la scena prenda luce esclusivamente dalla lanterna collocata sulla sinistra (guardando il dipinto) e dall'aureola quasi fluorescente del Cristo. Colpi di luce come colpi di accesa passione e un trasalimento coglie gli astanti. Il tavolo è la vera novità della composizione perché collocato così in diagonale è capace di dilatare lo spazio e creare un effetto di richiamo sullo spettatore.
Per gli artisti dell'arte d'oggi un invito a trasgredire nella regola e a non perdere di vista la luce, vero miracolo dell'arte stessa.


L'immagine di Giovanna Maria Carli è stata scattata da Claudio Tàfani
Per le altre immagini: COURTESY LA BIENNALE DI VENEZIA 
Ne è vietata la riproduzione totale o parziale senza autorizzazione.

IL FURTO DI FISCHER. LIKE A CANDLE


Sono all'Arsenale. Una porta aperta e molta gente. È il luogo dove espone Urs Fischer. Un Ratto delle Sabine di Giambologna 'like a candle'


ph. by Giodì, all rights reserved



Quasi un souvenir da accendere nelle notti d'estate in qualche party a bordo piscina, se non fosse per quella figura maschile, a grandezza naturale, a cui fiammeggia l'intelletto come ai tempi dell'Enciclopédie. 

La sua sedia da ufficio che arde all'apice dello schienale...stranezze dell'arte d'oggi, dagli effetti sorprendenti. E il pubblico gradisce questo estatico tormento, trittico tra arte antica, uomo moderno diviso tra la contemplazione del sublime (il bello che si consuma o che è consumato) e l'alienazione del quotidiano ufficio/pensiero.


ph. by Giodì, all rights reserved



Si arde e ci si illumina a questa Biennale dal sapore antico.

Avevo già avuto modo di apprezzare la potenza evocativa di Urs vedendo dal vero l'installazione potente, evocativa, ancestrale: una casetta di Hänsel e Gretel che invece di essere fatta di dolci è fatta di solo pane, anzi di una varietà cospicua di pane, simbolo di vita, che diventa tetto (abitazione) e che si disgrega a seconda di un movimento, di un'intemperie, del tempo.

Le opere di Fischer come gigantesche nature morte di oggi, potenti, evocative, ancestrali.

Autore: Giovanna M. Carli




Photo by Giodì, Giovanni Tancredi e Tafi
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LA BALENA SPIAGGIATA. Uno starnuto ci libererà

Uno degli incontri più strani che si possano fare passeggiando per l'Arsenale in direzione Padiglione Italia, spingendosi in fondo dove ci sono i cantieri aperti sul canale, è questa balena spiaggiata che, grazie a un semplice starnuto, ha reso libero Geppetto, il prototipo del buon padre di tutti i tempi, anzi dei nostri tempi italo-europei.
Un padre accondiscendente, che vizia e che rende consapevoli della colpa, da espiare, da parte del figlio, con un 'bon geste' finale. E la colpa del padre è di aver dato tutto, forse troppo, al figlio ingrato ma anche e soprattutto, avere fatto di un tronco di legno, poi burattino animato, il proprio figlio. Il padre che pecca di hýbris: il peccato d'orgoglio che l'uomo compie sfidando gli dei, quasi a volersene sostituire.




L'autore, Loris Gréaud, giovane artista francese di talento, poliedrico è l'esatto opposto dell'artista solitario e saturnino. Ama, infatti, lavorare in team, circondandosi di esperti.
Per questa sua creazione che invita a meditare entrando (espiando?) nel ventre del cetaceo, non a caso intitolato 'The Geppetto Pavillon', si è avvalso infatti di scienziati, esperti di edilizia, oceanografi e storici partendo dall'archetipo biblico di Giona che trascorre tre giorni nel ventre della balena per uscirne rinnovato spiritualmente. Iniziazione spiriturale che può compiere anche il visitatore entrando nel ventre dell'animale attraverso una botola per sostare quanto basta per una seconda rinascita.
La scultura gigantesca è realizzata in resina, berglass, metallo, neon, legno ed è dotata di un sistema elettrico che ne illumina l'interno.
Progettata dall'artista e il suo team, selezionato per l'occasione, per ospitare di notte i visitatori, vero rito di iniziazione, ricorda che ogni anno circa 200 mammiferi si arenano. Molti sono i dipinti antichi













che descrivono questo evento capace di sorprendere, di affascinare, di sedurre e di far riflettere.

Ieri soprattutto meraviglia, oggi dolore e sconcerto per un mondo sempre più sfruttato economicamente a discapito dell'etica umana, animale.

Anche di questo parla la Biennale: di luce, di ombre, di spiritualità.

Non ci resta che aspettare lo starnuto per liberarci da ciò che ci tiene 'costretti', rispettando più noi stessi, e con noi ciò che ci circonda.



Giovanna M. Carli

Photo by Claudio Tàfani
Ne è vietata la riproduzione totale o parziale senza autorizzazione.